L’ UNITA’ DI MISURA


La distanza camminata che vedo sui cartelli non coincide mai con quella reale che penso di aver percorso. I numeri scendono e salgono: 260 chilometri prima, 273 dopo. Il Cammino si sta prendendo gioco di me. Penso.
La numerazione mi confonde, ma allo stesso tempo mi sgancia dal perfezionismo di misurare ogni passo.

I chilometri camminati non sono l’unità di misura giusta da usare in queste esperienze. Forse nemmeno i litri di acqua bevuti e sudati, i chili sulle spalle portati, le kilocalorie mangiate.
Forse sono le emozioni, gli stati d’animo, le sensazioni, sapori e gli odori i veri elementi che segnano il percorso e ti scolpiscono nella mente i ricordi di sentieri, che all’ apparenza sembrano insignificanti e tutti uguali, ma risuonano forti ad una parte più sensibile.

Campi di granturco ancora giovane e tappeti di margherite bianche e gialle. Chiazze di papaveri rossi danno un tocco di colore acceso al paesaggio e costeggiano sentieri di terra bruciata che intervallano distese con tutte le sfumature della cartella pantone dei verdi.

Mi sento l’ ospite di una quadro non dipinto da me.
La pace immensa che sento mi fa provare un Senso di Possibilità: “la sensazione che si può vivere senza il prima e con il dopo“.
Mi immagino un Dopo scandito dal coraggio quotidiano di cambiare, un po’ incerto, insicuro ma pieno di nuove scoperte e risorse, pieno di autostima e appartenenza alla mia versione più reale, profonda e sincera.

Ogni tanto qualche insetto enorme mi sbatte sul cappello facendomi dimenare e riportandomi con la testa sul percorso.

Sono arrivata a Foncebadon.