Avevo 20 anni e ricordo molto bene gli obiettivi che mi ero prefissata nella vita. Laurearmi, fare carriera, avere una bella casa, fare una famiglia, ma nella lista delle ambizioni mi ero scordata di inserire “essere in salute”.
Pochi anni dopo e da un giorno all’altro qualcosa cambiò. Mi venne diagnosticata una patologia cronica e l’accettazione di un evento che non avevo programmato non fu facile da metabolizzare. Nonostante tutto, le mie aspirazioni rimasero le stesse per i successivi anni in cui continuai a credere che, se avessi raggiunto una “vita perfetta“, sarei stata ricompensata con la felicità.
I miei coetanei me lo facevano credere. Una parte di me ci credeva insieme a loro, mentre l’ altra parte, quella più timida e silenziosa, si rassegnava giorno dopo giorno.
Intorno a me non vedevo alternative, esempi differenti da seguire e inconsciamente provavo ad assolvere compiti e doveri che mi venivano richiesti da un contesto in cui non mi riconoscevo. Percorrevo strade già tracciate dalla società e facevo quello che era ritenuto indispensabile alla sopravvivenza, giusto e agli occhi altrui gratificante.
Dentro sentivo un grande, grandissimo contrasto tra ciò che andava fatto e ciò che volevo fare. L’unica strada da perseguire sembrava quella dello studio, del lavoro, del sacrificio per avere sempre di più.
“Ma precisamente, cosa di più?” . Tipica domanda che mi saltava alla testa quei sabati pomeriggio buttati tra i negozi dei centri commerciali.
Le mie insicurezze, già dai tempi dell’università, mi accompagnarono fino all’inizio di una convivenza che non iniziò mai e le mie domande su cosa fosse la Vita e la Felicità mi rimbombavano nella mente traducendosi in valanghe di pianti che, puntualmente, si presentavano insieme a sentimenti di rassegnazione e sconforto per un futuro che dentro di me avevo già costruito, ma che non mi apparteneva neanche lontanamente.
Lo Yoga arrivò, senza che me ne accorgessi, come un’ancora di salvezza quando nel giro di qualche mese mi ritrovai sola, con un paio di amici e nuovamente a casa dei miei genitori. Nonostante il dolore continuai incessantemente a cercare risposte nei libri (per lo più esoterici e di crescita personale) di cui, purtroppo, non riuscivo a comprenderne sempre i contenuti. Il corso di Yoga, in cui avevo riposto solo una timida fiducia, continuava ad arare il terreno della mia mente: una pratica alla volta, un respiro alla volta estirpavo erbacce, cattive abitudini e false credenze. .
Anche quell’anno arrivò il giorno del mio compleanno. Mi regalai una settimana in un centro Yoga ad Assisi di cui mi avevano parlato bene e accertato essere un posto sicuro.
Quel primo giorno del 2016, quando varcai la soglia della reception, venni accolta dal sorriso di chi era dietro la scrivania e da una meravigliosa atmosfera che si respirava nell’aria.
Come se tutto fosse in ordine, al suo posto. Le persone che lavoravano erano lì per scelta e devote ai loro compiti. Forse, un giorno, avrei potuto godere anche io di una vita semplice e piena di armonia. Ma quel giorno approdai lì per altro.
C’era una battaglia interiore già iniziata che aspettava un verdetto, una comprensione più profonda.
Una di quelle battaglie che durano da anni dove nè esci distrutto e lacerato, dove combatti per conoscere la Verità. Dove le risposte non sono mai abbastanza e il perdono del tuo avversario interiore, il perdono di te stesso, è la più grande vittoria. Quelle sfide necessarie per conoscere la Luce, espandere la coscienza. per essere liberi.
Ad Ananda, lì ad Assisi, sul campo di battaglia della mia mente non ero sola.
Il mio Maestro si rivelò e ricevetti il regalo più bello: la comprensione di cos’è veramente la VITA e per questo ne sarò infinitamente grata.