Non sapevo cosa fosse lo yoga fino a quel settembre 2015.
Quell’anno mi ero data due opzioni di svago extra lavorativo: iscrivermi a una scuola di ballo country o praticare yoga. Decido per yoga considerando che “lo sforzo fisico sarebbe stato minimo” e il centro vicino a casa. La prima lezione, seduta a gambe incrociate, sentivo già gli arti che si informicolavano e alla frase dell’insegnante “cominciamo a respirare” i miei tentativi di far entrare aria dal naso senza agitarmi fallivano in continuazione.
Compresi ben presto che non respiravo più da anni e che la mia schiena, il mio corpo in generale era diventato un cartoccio. Dopo qualche lezione una risposta arrivò e compresi rapidamente cosa mi stava togliendo l’aria.
Incastrata in una vita sentimentale che non mi apparteneva più, i pensieri e i pianti abituali avevano creato su di me una corazza spessa e impenetrabile di rabbia e dolore verso una parte di me che non riconoscevo. Una parte troppo legata all’apparenza e non all’essenza. Troppo legata a scelte fatte con la testa e non con la pancia. Troppo legata ad una vita il cui valore e giudizio era sempre stato messo nelle mani degli altri. Mi sentivo come il cavallo da corsa su cui tutti avevano scommesso. Per il mio Ego era impossibile deluderli.
Le lezioni di yoga che frequentavo aumentavano man mano, la consapevolezza di ciò che stava accadendo anche. Più praticavo, più sentivo di averne bisogno. Una sera l’ insegnate di meditazione disse: “se siete qui è perché state cercando qualcosa”. Dopo il rilassamento finale, stordita e confusa, rientrai a casa.
La verità è come una bolla d’aria nell’ acqua. Sappiamo che c’è ma proviamo in tutti i modi a ad accantonarla in una parte del nostro essere per tenerla a bada. Troppo scomoda per essere accettata proviamo a travestirla per sopravvivere, per non ferire persone care, per non ferire il nostro Ego raccontiamo a noi stessi e agli altri che “è normale avere dei bassi e comunque passeranno. Va tutto bene”.
La mia bolla, ormai, era enorme e continuava a cambiare forma e dimensione. Mi stava soffocando l’anima ed io, con le ultime forze rimanenti, continuavo ciò che era la mia missione da anni: tenerla quanto più nascosta possibile.
Una mattina, appena alzata, il corpo che non riceveva più nutrimento da giorni e la mente in totale subbuglio si allearono, la bolla salì a galla e scoppiò, trasformandosi in un’ esperienza di vita. In una valle di lacrime riempii uno zainetto con dei vestiti e mangiando un biscotto, tornai a casa dei miei genitori. La caduta del domino ormai era iniziata.
Avevo tutto. Una casa, un buon lavoro, una famiglia unita e una persona al mio fianco che mi voleva bene, ma sentivo dentro un vuoto enorme e incolmabile. Non volevo nulla di tutto ciò. Mancavo Io. Per la prima volta, davanti allo specchio mi chiesi chi sono e perché sono su questa terra. Non pretendevo una riscontro. Mi bastava riconoscere che ciò che stavo facendo, rivoltare la mia vita, era il primo passo per avere una risposta.
Fu il biscotto che quella mattina riuscii a deglutire senza troppa fatica, a farmi capire che il mio stomaco si era liberato.
AVEVO SCELTO DI ESSERE FELICE
Iniziò così la mia seconda vita.