Un dono chiamato SILVIA

Mentre cammino, si sente sul percorso entusiasmo, attesa e voglia di arrivare.
Questa giornata ha tutta l’aria di essere il “giorno prima degli esami“.

Ogni tanto mi giro indietro per vedere da un’altra prospettiva la strada fatta e schivare i pellegrini in bici che arrivano come razzi. Il più delle volte sento dei passi ma poi, girandomi, non vedo nessuno.

Il percorso di oggi regala ancora tanto verde, tanti boschi. L’ umidità li rende freschi e il primo sole del mattino scalda il terreno rendendolo più praticabile e meno fangoso.

Il corpo ha finalmente superato l’intero rodaggio: nessun tendine, muscolo o legamento richiama la mia attenzione. Riesco a rimanere sola quanto basta per sentire la testa leggera.
Oggi mi percepisco più lenta del solito. Non per fatica, ma per scelta. È uno di quei giorni in cui vorresti che il Cammino non finisse mai.

Tranne quando accosta al mio fianco una signora che scoprirò, poco dopo, chiamarsi Silvia.

Senza che glielo chiedo comincia a parlare di sé. Mi racconta di essere sul Cammino dal 2004. Ogni anno un itinerario diverso o anche lo stesso. Mai monotono, perché Lei che lo percorre non è mai la stessa. Mi parla del suo lavoro, del suo sogno di aprire una gelateria, dei sui figli. Ha tanti bracciali a me familiari e un mala al collo. Mi dice di essere sensibile all’energia e che in alcuni luoghi non riesce proprio a starci.
Aggiunge anche: “Questo è l’anno in cui o si resta o si salta!” bisogna decidere.
Mi parla di cambiamento, di rischio, di felicità.

Ecco che gli occhi mi diventano due stagni.
Non faccio in tempo a pensare chi ha mandato questa donna che Lei mi abbraccia fregandosene di chi fossi. Resto a prendere tutto il suo calore mentre all’orecchio mi sussurra:
Si può, sai?“. Non aggiunge altro, accelera il passo e si dissolve tra gli altri pellegrini come una nuvola.

Due pensieri veloci, tutti in fila, attraversano la mia mente dopo l’episodio:
1. Dopo due anni il primo abbraccio l’ ho preso da una sconosciuta, non vaccinata, senza mascherina. (Molto bene Aurora, vamos!)
2. Il Cammino mi sta facendo  diventare pazza.
In realtà anche un terzo pensiero: la scelta di qualche anno prima che mi aveva spalancato le porte all’ incertezza. In realtà, il coraggio di saltare l’avevo già provato sulla mia pelle, ma ora sembrava tutto più difficile. Mi sentivo arrivata al livello successivo del video game che provi a superare da sempre e usi tutte le vite a tua disposizione. E quando ci sei, hai un solo tentativo per riuscire ad andare avanti. Ecco, mi sentivo così.

Rimango stordita per tutto il giorno e continuo solo a camminare, ripensando e seguendo i segnali tradizionali, ma ancora di più quelli profani che mi indicano che la Vita è nella direzione della freccia: da quella parte.